Aprire un’attività con 10.000€: come fare?

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Lavoro occasionale: caratteristiche e limiti

La legislazione sul lavoro autonomo parla chiaro: chiunque svolga un’attività che presenti le caratteristiche di abitualità e continuità nel tempo, cioè che preveda prestazioni prolungate o ripetute nel corso dello stesso anno, è chiamato a regolarizzare la propria posizione in qualità di imprenditore o libero professionista.

In passato ciò significava dover andare di persona nella sede competente dell’Agenzia delle Entrate, da un consulente o al CAF, per sbrigare le pratiche necessarie e dare ufficialmente inizio al proprio business. Fortunatamente, ormai da tempo non vi è più bisogno della presenza fisica, ma è possibile completare tutti i passaggi da remoto. 

Qualsiasi lavoratore autonomo, però, ha bisogno di tempo e risorse per superare le difficoltà iniziali, affermarsi nel proprio campo e raggiungere i risultati desiderati

Insomma, durante i primi tempi, è perfettamente normale che i clienti scarseggino e, quindi, che il giro d’affari sia ancora limitato. Ed è proprio per venire incontro alle start-up ed ai giovani freelancer che lo Stato Italiano ha pensato a delle soluzioni che permettano di lavorare – seppure alle condizioni che vedremo più avanti – senza essere costretti, da subito, all’apertura della Partita IVA e all’emissione della fattura.

Tuttavia, se è vero che questi strumenti costituiscano un vantaggio non indifferente, è altrettanto vero che non possono in alcun modo sostituire la Partita IVA. Infatti, l’uso della prestazione occasionale è concesso soltanto in presenza di requisiti assai stringenti, mentre eventuali abusi sono puniti con sanzioni di varia entità.

Ma quali sono i limiti – e i conseguenti svantaggi – della prestazione occasionale? 

Esaminiamo insieme quelli principali.

La regola dei 30 giorni

Come possiamo evincere dal suo stesso nome, la prestazione occasionale si applica, appunto, ai casi di lavoro occasionale. Ma cosa significa esattamente? Con questa espressione intendiamo: “collaborazioni di breve durata e di carattere episodico”.

In particolare, la normativa stabilisce che le prestazioni occasionali non possono:

  • avere durata maggiore di 30 giorni per anno solare (per singolo committente);
  • ripetersi con cadenza regolare durante l’anno.

Dunque, per essere ancora più chiari, facciamo questo esempio: se Roberto, che di mestiere fa il web designer, viene chiamato per progettare un sito per conto di un cliente e termina il proprio lavoro entro 30 giorni, può utilizzare lo strumento della prestazione occasionale (a prescindere dal compenso pattuito).

Dovrà quindi rilasciare una ricevuta non fiscale e, se il committente è un sostituto d’imposta (ossia un’azienda o un libero professionista con Partita IVA) con sede in Italia, il suo compenso sarà decurtato del 20% per la cosiddetta “ritenuta d’acconto”, che verrà trattenuta e versata direttamente all’erario entro il 16 del mese successivo.

Pertanto, se la retribuzione prevista è pari a 1.000 euro, Roberto incassa solamente 800 euro, mentre il cliente trattiene 200 euro e provvede a versarli all’Agenzia delle Entrate. 

Diverso è il caso di Carla, che ogni primo week-end del mese lavora come guida turistica nei musei: trattandosi, infatti, di un’attività abituale – in quanto ripetuta con cadenza regolare – non può rientrare nella fattispecie della prestazione occasionale. 

Di conseguenza, Carla ha dinanzi a sé due possibili opzioni: informarsi su come aprire la Partita IVA ed imboccare la strada del lavoro autonomo, scegliendo l’inquadramento adatto, oppure cercare altre modalità per proseguire la collaborazione (come, ad esempio, un contratto con orario part-time).

La “falsa regola” dei 5.000 euro

Finora, come avete potuto vedere, abbiamo parlato della durata delle prestazioni e tralasciato quasi del tutto la questione della retribuzione. Tuttavia, molto probabilmente vi sarà capitato di sentire – o leggere – qualcosa riguardo alla “soglia dei 5.000 euro”, superata la quale scatterebbe l’obbligo di mettersi in proprio.

È veramente così? Ebbene… ni.

La legislazione sul lavoro autonomo occasionale non dice nulla a proposito di un “compenso massimo”. Dunque, la “regola dei 5.000 euro”, di fatto, non esiste! 

Ma, allora, da dove nasce questa convinzione? Ecco spiegato: esistono delle soglie di esenzione, che però valgono solamente a livello fiscale e contributivo.

In altre parole: i soggetti che hanno prodotto un reddito da lavoro autonomo occasionale inferiore a 4.800 euro lordi annui non sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi, in quanto al di sotto di questa cifra è previsto l’azzeramento della quota Irpef. Ma attenzione: vi consigliamo di presentare ugualmente la dichiarazione, poiché in tal modo potrete recuperare – tramite compensazione o rimborso – le somme relative alle ritenute d’acconto subite (e altrimenti perdute).

A livello contributivo, invece, la soglia di esenzione è fissata a 5.000 euro lordi. Pertanto, se la somma dei compensi ricevuti per tutte le prestazioni e da tutti i committenti è inferiore a tale importo, non dovete iscrivervi alla Gestione Separata INPS, né provvedere al versamento dei contributi previdenziali. 

Diversamente, in caso di sforamento, occorre informare preventivamente il datore di lavoro, cui spetta l’onere dell’iscrizione, e versare i contributi dovuti sulla parte eccedente. Il pagamento va così ripartito: 1/3 al lavoratore e 2/3 al committente.

Fatte le dovute precisazioni, torniamo all’argomento del nostro articolo: in assenza di indicazioni sul reddito massimo che un lavoratore occasionale può produrre, come aprire la Partita IVA al momento giusto? Per eliminare ogni dubbio, vi proponiamo un altro esempio e cerchiamo di rendere più chiara anche la questione dei compensi.

Se a Fabio, aspirante programmatore, viene corrisposta una somma pari a 10.000 euro per aver contribuito allo sviluppo di una nuova app, questi può rilasciare una ricevuta non fiscale, senza aprire la Partita IVA, poiché si considera un’entrata una tantum. Dovrà, comunque, provvedere al pagamento delle imposte e dei contributi sui 5.000 euro di eccedenza: Irpef al 23% e contributi al 33% (di cui solo 1/3 a suo carico).

Giorgia, invece, ha conseguito qualche mese fa la qualifica di educatore cinofilo e ha già un paio di clienti fissi, che la pagano 50 euro a sessione. Nonostante il suo reddito annuo sia inferiore a 4.800 euro – si tratta di due incontri al mese, ossia 100 euro x 12, per un totale di 1.200 euro l’anno – non può avvalersi della prestazione occasionale. Infatti, l’attività non è più di carattere episodico, bensì si ripete con regolarità.

Di conseguenza, Giorgia dovrà informarsi su come aprire la Partita IVA e sugli eventuali costi, in modo da completare prima possibile l’iter burocratico. 

Come passo dal  lavoro occasionale alla Partita IVA?

Passare dal lavoro occasionale alla libera professione o al mondo dell’imprenditoria può apparire traumatico, ma in realtà il processo è più semplice, economico e, soprattutto, conveniente di quanto non si dica in giro. Come vedremo, infatti, aprire la Partita IVA può rivelarsi, sotto tanti aspetti, un effettivo punto di svolta!

A tal proposito, ricordiamo che, per i lavoratori occasionali, vige anche il divieto di promuovere – con qualsiasi mezzo, dunque anche online – i propri prodotti e/o servizi. Il che, se sommato all’impossibilità di accettare incarichi che si prolunghino per oltre un mese, nonché di ripetere le collaborazioni di maggiore successo, rappresenta un grave impedimento alla crescita dell’attività e alla fidelizzazione della clientela.

Dovete sapere, inoltre, che mettersi in proprio è diventato meno dispendioso rispetto al passato: i costi di avvio sono molto bassi – o addirittura nulli, come nel caso dei liberi professionisti che si affidano a Fiscozen – ed anche a livello di gestione le risorse richieste sono piuttosto limitate. Ad esempio, basta aderire al regime forfettario per risparmiare sulle tasse: l’aliquota applicata è pari al 15% sul reddito imponibile, ridotta al 5% per i primi cinque anni per chi possiede anche i requisiti per l’aliquota start-up.

Il calcolo delle imposte, per altro, non si effettua sull’intero compenso – come accade nel lavoro occasionale – ma solo sul reddito imponibile. Difatti, potrete dedurre dal fatturato incassato una percentuale variabile – dal 22% per i professionisti al 33% per gli artigiani, ecc. – oltre ai contributi previdenziali versati nello stesso periodo.

Infine, una volta compiuto questo passo, la vostra immagine non potrà che migliorare, e con essa i vostri guadagni. Qualsiasi cliente, infatti, è portato a rivolgersi a chi si presenta in maniera seria e professionale e, soprattutto, sarà più propenso ad accettare una richiesta economica che sia in linea con le vostre competenze.

Pertanto, se volete sapere come aprire la Partita IVA e godere di questi vantaggi, o se avete bisogno di maggiori informazioni, compilate il nostro form e prenotate subito una consulenza fiscale gratuita!

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Scritta da un nostro Autore

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