Isopensione: cos’è, come funziona, vantaggi e convenienza

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Isopensione: cos’è?

L’isopensione è uno strumento di flessibilità che permette ai lavoratori più anziani di accedere in anticipo al sistema pensionistico, ma senza rinunciare ad una parte dei propri contributi.

Questa misura nasce nel 2012 con la Legge n.92 – meglio nota come Legge Fornero – con l’obiettivo di favorire il ricambio generazionale nelle imprese e di far fronte ai casi di esubero senza ricorrere al licenziamento.

Grazie alla isopensione, infatti, i lavoratori subordinati (esclusivamente del settore privato) hanno l’opportunità di ritirarsi con un anticipo di 7 anni (limitatamente al triennio 2018-2020, secondo le disposizioni della Legge di Bilancio 2018). A partire dal 2021, salvo ulteriori variazioni, l’anticipo massimo scenderà nuovamente a 4 anni, come originariamente previsto dalla Legge Fornero.

Ma come funziona, di fatto, l’isopensione? Ecco ciò che approfondiremo nel prossimo paragrafo!

Come funziona l’isopensione?

L’isopensione è stata più volte definita “scivolo pensionistico” o “esodo dei lavoratori anziani”.

Tuttavia, questo strumento di flessibilità non si rivolge alla totalità dei lavoratori, bensì solamente ad alcune categorie ben precise: lavoratori subordinati del settore privato, purché assunti presso imprese di dimensioni medio-grandi (con un numero di dipendenti non inferiore a 15 unità).

Inoltre, affinché si attivi lo strumento della isopensione, è necessario che l’azienda in questione raggiunga un accordo, appositamente siglato, con le organizzazioni sindacali di riferimento sul territorio. Tale accordo verrà, poi, esaminato e validato dall’INPS, che ha il compito di verificare il rispetto di tutte le norme.

Infatti, secondo quanto stabilito sia dalla Legge Fornero che dalla successiva Legge di Bilancio 2018, è la stessa azienda a farsi carico di tutti gli oneri relativi alla isopensione: dal pagamento dell’assegno di isopensione al versamento dei contributi previdenziali, per tutti i lavoratori che ne faranno richiesta e per l’intero periodo di anticipo (dunque, ad oggi, per un massimo di 7 anni).

Volendo semplificare, il meccanismo della isopensione è il seguente: il dipendente smette di lavorare in anticipo, ma l’azienda continua a pagare un importo pari al trattamento pensionistico che gli spetterebbe al momento, in base alle norme vigenti, ed a versare i contributi previdenziali fino all’età pensionabile.

In questo modo, il lavoratore potrà terminare il servizio con un anticipo massimo di 7 anni o, dal 2021, di 4 anni e, nel frattempo, maturare tutti i contributi necessari per ottenere una pensione piena.

Inoltre, sia l’assegno di isopensione (che ha un importo leggermente ridotto, rispetto a quello percepito con la pensione piena), sia i contributi, sono garantiti tramite fideiussione bancaria effettuata dall’azienda stessa. Dunque, l’onere di finanziare l’isopensione spetta al datore di lavoro, mentre l’erogazione del trattamento, ovviamente con frequenza mensile, avviene per mezzo dell’INPS.

Questo meccanismo costituisce un’ulteriore tutela per il lavoratore che accetta di ritirarsi prima del raggiungimento dell’età pensionabile. Difatti, qualora l’azienda dovesse interrompere il pagamento dell’isopensione, l’INPS potrà rivalersi sul soggetto che funge da garante. Inoltre, se l’insolvenza supera i 180 giorni, l’Istituto Previdenziale può richiedere interamente la fideiussione e provvedere in autonomia al pagamento delle somme spettanti ai pensionati.

Isopensione e lavoro: posso svolgere una seconda attività?

La circolare INPS n.119 del 2013 chiarisce che, per i soggetti percettori di isopensione, durante l’intero periodo del trattamento, non vi è alcun divieto di rioccupazione. Di conseguenza, se lo desiderano, essi possono svolgere qualsiasi tipo di attività (dal lavoro subordinato alle prestazioni occasionali, fino al lavoro autonomo tramite apertura della Partita IVA), senza subire trattenute sull’assegno da parte dell’INPS.

In particolare, chiunque voglia “approfittare” della pensione anticipata per mettersi in proprio e dedicarsi ad una nuova attività lavorativa, sia di tipo professionale (es. docente privato, interior designer, amministratore di condominio, istruttore cinofilo, ecc.), che di tipo artigianale (es. estetista, onicotecnica, giardiniere, fabbro, ecc.) o commerciale (aprendo, ad esempio, un portale di e-commerce, un’agenzia di organizzazione eventi, ecc.), potrà tranquillamente aprire Partita IVA come libero professionista o ditta individuale.

Come apro Partita IVA da iso-pensionato?

La procedura per aprire Partita IVA da iso-pensionati è identica a quella prevista per chiunque altro.

Se l’attività è inquadrata come libera professione, l’apertura è totalmente gratuita.

Se, invece, è inquadrata come ditta individuale, si dovrà seguire una procedura più complessa, che include l’invio della comunicazione telematica – nota come ComUnica – per l’iscrizione alla Camera di Commercio e al Registro delle Imprese, per l’attivazione della posizione IVA presso l’Agenzia delle Entrate, per le iscrizioni INPS e INAIL.

A seconda dei casi, inoltre, può essere richiesta anche la presentazione della SCIA agli uffici comunali competenti.

Come fare? Semplice: con Fiscozen, puoi aprire una ditta individuale, spendendo solo 200 euro + IVA!

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Regime fiscale per pensionati

Anche i pensionati – e, dunque, i percettori di isopensione – possono scegliere di assoggettarsi al regime forfettario, per usufruire di una tassazione agevolata (con aliquota standard al 15% o, per chi rientra nei requisiti per l’aliquota start-up, al 5% per cinque anni) calcolata sul reddito imponibile e di altri interessanti vantaggi.

La gestione della “Partita IVA forfettaria” risulta, infatti, assai più semplice per tutti i contribuenti, compresi coloro che percepiscono l’assegno di isopensione. Oltre a pagare meno tasse, rispetto ai “colleghi” ordinari, i forfettari possono operare in franchigia IVA e sono anche esonerati da numerosi adempimenti, tra cui:

  • registrazione fatture emesse (dovrai unicamente conservarle e numerarle con ordine progressivo);
  • studi di settore.

Ricordiamo comunque che, per l’accesso al regime forfettario, occorre possedere i seguenti requisiti:

  • essere residenti in Italia;
  • ricavi e compensi annui non superiori a 65.000 euro;
  • aver percepito, nell’anno precedente, redditi da lavoro e/o pensione non superiori a 30.000 euro;
  • non superare il limite di 20.000 euro per i compensi di dipendenti e/o collaboratori;
  • non possedere quote di partecipazione ad una o più società o associazioni in partecipazione;
  • non detenere il controllo di S.r.l. operanti nel medesimo settore della Partita IVA e, al contempo, emettere fatture verso di esse.

Insomma, come puoi facilmente notare, il regime forfettario costituisce, ormai da anni, l’opzione più conveniente per coloro che intendono avviare una nuova attività. Ciò vale, in modo particolare, per i più giovani, che possono cominciare con un carico fiscale ridotto al minimo. Ma anche per chi, approfittando della Legge Fornero e della più recente Legge di Bilancio 2018, ha optato per l’isopensione e, ora, vorrebbe dedicarsi ad un nuovo business.

Contribuzione per i pensionati

Oltre a scegliere il proprio regime fiscale, i pensionati che decidono di aprire una Partita IVA dovranno provvedere ad iscriversi alla Gestione Separata (se inquadrati come professionisti) o alla Gestione INPS Commercianti e Artigiani (se inquadrati come ditta individuale), per versare i contributi.

Nel primo caso, i contributi sono calcolati in proporzione al reddito, con aliquota al 24%.

Nel secondo caso, sono suddivisi tra contributi fissi (pari a circa 3.850 euro), dovuti a prescindere dal reddito, e contributi a percentuale (con aliquota al 24% per gli artigiani e al 24,09% per i commercianti, rispettivamente ridotte al 22,35% e al 22,44% per gli under 21), calcolati sull’eventuale porzione di reddito che eccede la soglia indicata come “minimale”, ossia 15.953 euro. Ricordiamo, inoltre, che gli artigiani e i commercianti che si avvalgono del regime forfettario possono richiedere all’INPS una riduzione del 35% sui contributi fissi e variabili.

Cosa succede al termine dell’isopensione?

Come anticipato all’inizio di questo articolo, secondo le ultime disposizioni sulla isopensione, contenute nella Legge di Bilancio del 2018, l’assegno può essere percepito per un massimo di 7 anni. A partire dal 2021 – salvo ulteriori variazioni – si torna, invece, alle “regole” della Legge Fornero, che prevedeva un tempo limite di 4 anni.

Dunque, cosa succede al termine di questo periodo?

Quando il soggetto raggiunge l’effettiva età pensionabile, contestualmente matura anche il diritto alla pensione piena. Pertanto, l’importo dell’assegno mensile sarà ricalcolato, tenendo conto dei contributi versati dal datore di lavoro durante l’isopensione, ma anche di eventuali contributi derivanti da altre attività (autonome o meno).

Pertanto, ci teniamo a rassicurare chi, avendo ottenuto l’isopensione e volendo aprire Partita IVA, teme di “perdere” i contributi versati in quanto pensionato. Difatti, questi contributi “extra” non sono affatto inutili, bensì andranno a costituire, in presenza di determinati requisiti, un supplemento alla pensione già maturata.

Il primo supplemento viene eccezionalmente riconosciuto e liquidato a due anni dalla pensione di anzianità. Mentre, per ottenere i successivi supplementi, è necessario che siano trascorsi cinque anni dall’ultimo riconoscimento.

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