Lavoro occasionale o libera professione?
Spesso online si legge che è possibile lavorare freelance, sfruttando lo strumento della “prestazione occasionale” per evitare di aprire Partita IVA da traduttore. Tuttavia, le cose sono ben diverse per i seguenti motivi:
- La prestazione occasionale è consentita solo per collaborazioni singole, di carattere episodico. In altre parole, se traduci un unico testo per conto di un cliente, puoi emettere una semplice ricevuta (con ritenuta d’acconto pari al 20% del compenso, se lavori per un’azienda con sede in Italia). Se, invece, questi ti affida più volte dei contenuti su cui lavorare (anche solo un paio al mese, ma con regolarità), vi è l’obbligo di aprire Partita IVA come traduttore. L’attività, infatti, non possiede più il requisito dell’occasionalità.
- Sono considerate prestazioni occasionali solo quelle che non superano i 30 giorni l’anno per ciascun committente. Dunque, superato questo breve periodo, dovrai necessariamente aprire Partita IVA.
- Il lavoro occasionale non può essere promosso o pubblicizzato in alcun modo. Pertanto, senza un sito web, una pagina social o degli annunci, sarai impossibilitato a crescere dal punto di vista professionale.
Insomma, come puoi facilmente intuire, aprire Partita IVA come traduttore è l’unico modo per dare un’impronta seria e “rispettabile” alla tua attività. Se temi di non farcela a causa delle troppe spese, sappi che non è così. Scegliendo le giuste opzioni, infatti, potrai sia risparmiare sulla tasse, sia evitare svariati adempimenti!
Come apro Partita IVA come traduttore?
Come si apre una Partita IVA da traduttore? Per prima cosa, non occorre recarsi di persona negli uffici dell’Agenzia delle Entrate, poiché esiste una comoda procedura online che rende tutto più rapido. Tuttavia, è sempre consigliabile farsi assistere da un consulente fiscale, dato che è facile commettere errori, specialmente se non si ha familiarità con questo genere di pratiche. Una buona soluzione, per risparmiare tempo, stress e denaro, è affidarsi a Fiscozen che, senza costi aggiuntivi, si occuperà dell’apertura della tua Partita IVA da traduttore e ti consiglierà nelle decisioni più importanti: dalla scelta del Codice ATECO al regime fiscale da utilizzare.
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Codice ATECO da traduttore: quale devo scegliere?
Come abbiamo accennato poco prima, aprendo Partita IVA come traduttore dovrai individuare il Codice ATECO più adatto per la tua attività, ma per fortuna la scelta è molto semplice.
Potrai infatti utilizzare il codice seguente:
- 74.30.00 – Traduzione e interpretariato
Con questo codice sarai fiscalmente inquadrato come un libero professionista (e non come ditta individuale) e, se sceglierai di assoggettarti al regime forfettario, avrai un coefficiente di redditività pari al 78%. Di che si tratta?
Per scoprirlo, basta passare al paragrafo successivo!
Regime fiscale per i traduttori: quale scegliere?
In Italia esistono attualmente tre regimi fiscali differenti: ordinario, ordinario semplificato e forfettario.
Quest’ultimo rappresenta, ad oggi, la miglior opzione per i professionisti (e per le ditte individuali) che percepiscono ricavi e compensi per un importo complessivamente non superiore a 65.000 euro.
Se decidi di aprire Partita IVA come traduttore ed assoggettarti al regime forfettario, ti verrà richiesta una sola imposta sostitutiva – al posto dei normali tributi – con aliquota al 15% sul reddito imponibile.
Il reddito imponibile, nel tuo caso, corrisponde al 78% del fatturato incassato (dunque, su 10.000 euro, la tassazione si applica solo su 7.800 euro), meno l’importo versato nello stesso periodo per i contributi.
In più, se rientri nei requisiti per l’aliquota start-up, la percentuale scende al 5% per i primi cinque anni.
Andando avanti con altri vantaggi, sappi che i traduttori forfettari operano in franchigia IVA e, perciò, possono offrire tariffe più basse del 22%, vincendo facilmente la concorrenza, sia online che offline. Vengono meno anche tutti gli adempimenti relativi all’IVA, come la presentazione della dichiarazione annuale o trimestrale.
I forfettari sono esonerati dalla tenuta della contabilità (basta, infatti, conservare le fatture e numerarle in ordine progressivo) e dagli studi di settore.
Tuttavia, per mantenere nel tempo questo regime, non possono superare i limiti relativi a:
- ricavi e compensi → max 65.000 euro/anno
- redditi da lavoro dipendente e assimilati → max 30.000 euro/anno
- spese per compensi di impiegati e collaboratori → max 20.000 euro/anno
Chi non può accedere al regime forfettario?
Purtroppo non è sufficiente esibire (o prevedere, se si tratta del primo anno) un reddito inferiore a 65.000 euro per poter usufruire del regime forfettario. La legislazione ha imposto, infatti, l’esclusione per i seguenti soggetti:
- chi si avvale di regimi speciali ai fini IVA o di regimi forfettari di determinazione del reddito;
- residenti all’estero, fatta eccezione per coloro che risiedono in uno degli Stati UE o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo e che producono in Italia almeno il 75% del proprio reddito;
- coloro che, in via esclusiva o prevalente, effettuano operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;
- gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che contemporaneamente partecipano a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari, oppure che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche che risultano direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte tramite la Partita IVA individuale;
- i soggetti che esercitano prevalentemente nei confronti di datori di lavoro, con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, oppure nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro, tranne per chi inizia una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
- coloro che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro, a meno che il rapporto di lavoro dipendente sia cessato nell’anno precedente.
Quanti contributi dovrò pagare come traduttore?
Un ultimo aspetto da trattare, a proposito della Partita IVA da traduttore, è la previdenza sociale. Come libero professionista, infatti, sarai tenuto a provvedere non solo alle imposte, ma anche ai tuoi contributi previdenziali.
I traduttori però non hanno una Cassa specifica – tipo la Cassa Forense per gli avvocati – e pertanto vanno a confluire, insieme a tante altre figure ancora prive di regolamentazione, nella Gestione Separata INPS.
L’ammontare dei contributi, sulla base delle aliquote vigenti, è pari al 25,98% del reddito imponibile (che, a sua volta, corrisponde al 78% del fatturato complessivo). Ad esempio, su un fatturato di 10.000 euro, l’importo da versare è 2.024 euro circa. Su un fatturato di 20.000 euro, si sale invece a 4.048 euro, e così via.